Mastopessi con protesi
Che cos’è la mastopessi con protesi
La mastopessi è l’intervento che consente di sollevare un seno cadente (ptosico) e di ricompattarlo per conferirgli un aspetto più tonico e giovanile. Laddove, tuttavia, il volume mammario non sia ritenuto sufficiente, o si voglia conferire al seno un aspetto più “pieno” si rende necessario il contemporaneo inserimento di protesi mammarie. L’operazione prevede l’asportazione della cute eccedente, il riposizionamento del complesso areola-capezzolo, il rimodellamento del tessuto mammario e il posizionamento delle protesi. La protesi può essere alloggiata in posizione retroghiandolare subito sopra al muscolo pettorale, in posizione sottofasciale, vale a dire sotto la fascia del muscolo pettorale o profondamente al muscolo stesso. Le cicatrici residue variano a seconda della quantità di cute da rimuovere: nei casi minori è possibile limitare la cicatrice alla regione periareolare, ma più frequentemente è necessario associare una cicatrice verticale che dal margine inferiore dell’areola giunge sino al solco sottomammario e nelle riduzioni di maggiore entità anche una cicatrice orizzontale lungo il solco sottomammario di lunghezza differente a seconda dei casi.
La mastopessi con protesi permette un sollevamento ed un riempimento del seno.
Le protesi vengono utilizzate per aumentare il volume e/o riempire la parte superiore del seno, che altrimenti con la mastopessi solamente potrebbe rimanere poco rappresentata.
L’intervento prevede delle modeste cicatrici. Le cicatrici posso essere limitate al contorno dell’areola o estendersi verticalmente fino al polo inferiore
del torace (cicatrice verticale) o proseguire nel solco sottomammario (cicatrice a T invertita). Le suture sono tutte interne.
Indicazioni
Seno cadente e svuotato.
Controindicazioni
L’intervento non deve essere eseguito in pazienti gravide o in allattamento ed è preferibile, anche se non obbligatorio, evitare l’epoca coincidente con le mestruazioni. La mastopessi con protesi, inoltre, è controindicata in pazienti con tumore mammario non ancora trattato o con lesioni mammarie pre-maligne accertate e in pazienti con infezioni attive in qualsiasi parte del corpo. Esistono, infine, delle condizioni in cui è preferibile non eseguire l’intervento anche se non controindicato, quali le alterazioni del sistema immunitario, le alterazioni della coagulazione e le alterazioni della vascolarizzazione dei tessuti superficiali come ad esempio dopo trattamento radioterapico.
Esami pre-operatori
Esami del sangue, elettrocardiogramma e ecografia/mammografia.
Anestesia
Locale con sedazione.
Tipo di ricovero e durata dell’intervento
Day-hospital 60-90 minuti.
Tempi di recupero e convalescenza
I pazienti possono aspettarsi di tornare al lavoro da 10 a 14 giorni dopo un intervento chirurgico di mastopessi con protesi. E’ consigliabile evitare l’attività fisica intensa per 3-4 settimane. I lividi sono visibili in genere per 1 o 2 settimane e il gonfiore inizia a risolversi entro 3 settimane a 1 mese.
Rischi
Cambiamenti nella sensibilità del capezzolo e della cute: è possibile che si verifichi una riduzione o una perdita
della sensibilità e reattività dei capezzoli, nonché di una parte della cute del seno. Ciò è dovuto alle incisioni che
interrompono una parte delle fibre nervose responsabili della sensibilità della mammella. Nella quasi totalità dei
casi queste alterazioni sono temporanee, anche se servono molti mesi (fino a 12-14) per il recupero completo della
sensibilità. I cambiamenti di sensibilità possono influenzare la risposta sessuale o la capacità di allattare al seno un
bambino.
• Mastopessi eseguita al momento dell’intervento di rimozione di protesi: le pazienti che scelgono di sottoporsi alla
rimozione simultanea di protesi mammarie e delle capsule periprotesiche e contemporaneamente ad una
mastopessi, hanno un rischio aumentato di necrosi della cute, dei capezzoli e del tessuto mammario a causa della
riduzione dell’afflusso di sangue ai tessuti già operati.
• Irregolarità della superficie e della forma: dopo la mastopessi si possono verificarsi irregolarità del contorno e della
forma. Possono formarsi delle pieghe visibili e palpabili, ci possono essere delle asimmetrie di volume tra un lato e
l’altro e delle asimmetrie nella forma e posizione delle areole. Queste sequele possono essere il risultato di una
sofferenza dei tessuti traumatizzati e dei processi di cicatrizzazione interna. La ridondanza di pelle alle estremità
delle cicatrici, chiamata “orecchie da cane”, generalmente si risolve con il tempo , anche se, in alcuni casi, può
richiedere una correzione chirurgica.
• Guarigione ritardata: alcune parti delle ferite, possono non guarire immediatamente, a causa di un apporto di
sangue insufficiente o di una sofferenza del tessuto adiposo. Ciò può comportare numerose medicazioni o, in casi
più importanti, un intervento di revisione. Nei casi più gravi di compromissione della circolazione dei tessuti ci può
essere una necrosi (morte) degli stessi: questa complicazione colpisce più frequentemente la regione del
complesso areola-capezzolo e la porzione in cui si incrociano le cicatrici. I fumatori hanno un rischio maggiore di
avere questo tipo di complicazione. In caso di necrosi dei tessuti, spesso è necessario un intervento correttivo.
• Calcificazioni: in rari casi si possono formare dei depositi di calcio nel tessuto cicatriziale in grado di causare dolore,
indurimento mammario ed essere visibili alla mammografia. Questi depositi devono essere identificati come diversi
dalle calcificazioni che rappresentano un segno radiografico di cancro al seno. E’ a volte possibile che si renda
necessario un intervento chirurgico per rimuovere ed esaminare le calcificazioni.
• Rottura protesica: le protesi mammarie, così come altri dispositivi medici, possono rompersi. Quando si rompe un
impianto riempito con gel di silicone, il gel rimane generalmente contenuto nel tessuto cicatriziale che circonda
l’impianto, detto capsula periprotesica (rottura intracapsulare). Raramente il gel può fuoriuscire della capsula e
diffondersi nel tessuto mammario (rottura extracapsulare) o ai linfonodi ascellari. Il gel di silicone migrato può
essere difficile da rimuovere completamente. La rottura di una protesi mammaria può produrre un aumento nella
dimensione e/o della consistenza della mammella e può verificarsi in seguito ad un trauma, alla mammografia, ad
un danno accidentale durante l’intervento o per semplice usura. E’ importante effettuare annualmente un’ecografia
delle mammelle per verificare l’integrità delle protesi. In caso di rottura della protesi è necessario sostituirla.
Contrattura della capsula periprotesica: Il tessuto cicatriziale che si forma abitualmente attorno alle protesi
mammarie può costringere le stesse e modificare la forma del seno rendendolo più rotondo, indurendolo e, in rari
casi, rendendolo doloroso. Questo aumento nella consistenza del seno può verificarsi subito dopo l’intervento
chirurgico o anche anni dopo. Il verificarsi di una contrattura capsulare sintomatica non è prevedibile e la sua
incidenza può aumentare nel tempo. Essa può verificarsi in un lato o in entrambi i lati. È una complicanza che si
verifica leggermente più spesso con il posizionamento dell’impianto davanti al muscolo pettorale. Il trattamento
della contrattura capsulare può richiedere un intervento chirurgico, che consiste nella rimozione dell’impianto, della
capsula e nella sostituzione dello stesso. La contrattura capsulare può recidivare anche dopo l’intervento di
revisione della protesi e si verifica più spesso in caso di aumento della dimensione della protesi in sede di
reintervento piuttosto che nel cambio mantenendo il volume primario. Alcuni chirurghi ritengono che la contrattura
sia causata da un’infezione che può raggiungere i tessuti periprotesici attraverso il sangue anche a distanza di anni
dall’intervento. E’ per questo che si ritiene auspicabile l’utilizzo di un’antibioticoterapia profilattica in caso di cure
dentali ed un utilizzo tempestivo degli antibiotici in caso di sospetta infezione in qualche altra sede corporea (ad
esempio in caso di infezioni urinarie o respiratorie).
• Estrusione della protesi : La mancanza di un’adeguata copertura da parte dei tessuti, problemi di guarigione delle
ferite o un’infezione possono provocare l’esposizione ed estrusione della protesi. Una necrosi dei tessuti si può
verificare in seguito all’assunzione di farmaci steroidei, chemioterapici, alla radioterapia, a causa del fumo di
sigaretta e dell’applicazione di oggetti troppo calci o freddi sulla cute mammaria. In alcuni casi, specie in seguito
all’inserimento di protesi molto grandi, i siti di incisione non guariscono normalmente. In tutti questi casi in cui vi è
un’esposizione della protesi, si può rendere necessaria la rimozione della stessa. Ciò può determinare una deformità
cicatriziale permanente e richiede un periodo di attesa prima di poter reinserire la protesi.
• Comparsa di pliche sulla cute mammaria (wrinkling e rippling) : nelle persone particolarmente magre si possono
creare, in seguito all’inserimento di protesi, delle pieghe visibili e palpabili a livello delle porzioni periferiche del seno.
Queste pieghe si possono attenuare utilizzando delle protesi riempite con gel più rigido o trasferendo del tessuto
adiposo prelevato da altre parti del corpo.
• Deformità della parete toracica: sono state segnalate irregolarità della parete toracica secondarie all’uso di protesi
mammarie, che riguarderebbero prevalentemente le costole.
• Spostamento dell’impianto e stiramento del tessuto: si può verificare uno spostamento, una rotazione o una
migrazione di una protesi mammaria dalla sua posizione iniziale e ciò può essere accompagnato da disagio e / o
distorsione della forma del seno. Potrebbe essere necessario un ulteriore intervento chirurgico per tentare di
correggere questo problema, riposizionando la protesi, cambiando la sede di posizionamento (da sottomuscolare a
sopramuscolare ad esempio) o cambiando il tipo di protesi.
• Attività e professioni insolite: le attività e le professioni che possono provocare traumi al seno possono
potenzialmente rompere o danneggiare le protesi mammarie o causare sanguinamento o sieroma.
Fuoriuscita del gel di silicone: si è osservato che, nel tempo, quantità estremamente piccole di gel di silicone
possono passare attraverso lo strato esterno delle protesi e occupare lo spazio esterno all’impianto. Gli studi
indicano che all’interno del gel di silicone sono contenute piccole quantità di platino nel suo stato biologicamente
non dannoso (quello non ossidato). È stato scoperto che quantità di microgrammi di platino in questo stato si
diffondono al di fuori delle protesi mammarie potendo potenzialmente diffondersi ai linfonodi. Ciò potrebbe
contribuire, a distanza di anni dall’inserimento delle protesi, alla contrattura della capsula periprotesica. In ogni caso
al attualmente l’insieme delle prove disponibili sostiene che i livelli estremamente bassi di fuoriuscita di silicone non
hanno conseguenze cliniche.
• Sieroma: consiste nell’accumulo di un liquido giallo trasparente a livello di tessuti sottoposti ad interventi chirurgici,
traumi o esercizi troppo vigorosi. Si rende evidente con un aumento del volume dell’area mammaria. Il sieroma
dovrebbe essere trattato mediante drenaggio del liquido per evitare alterazioni permanenti della forma della
mammella o, in caso di posizionamento di protesi anatomica, per evitare la rotazione dell’impianto.
Linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL): Il Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule (ALCL dall’inglese Anaplastic
Large Cell Lymphoma) è una rara forma di Linfoma non-Hodgkin (NHL) che si sviluppa a carico dei linfociti T del
sistema immunitario. Con i dati attuali, sebbene una predominanza di casi di BIA-ALCL sia stata riportata nei
pazienti con impianti di protesi mammaria a superficie testurizzata (cioè ruvida), non ci sono sufficienti evidenze
scientifiche che supportino la correlazione causale tra l’insorgenza di questa patologia e il tipo di protesi mammaria,
seppure enti regolari ed istituzioni sanitarie raccomandino una sorveglianza attiva della popolazione di donne con
protesi mammarie. In Italia, si stima si verifichino 2,8 casi di BIA-ALCL ogni 100.000 pazienti impiantati. Dei 45 casi
riscontrati (dal 2012 al 1 giugno 2019) solo 1 ha avuto un esito fatale poiché la diagnosi è stata effettuata
tardivamente ed in uno stato avanzato della malattia. La prognosi di questa condizione clinica resta tuttavia
favorevole quando diagnosticata precocemente. A seguito del ritiro delle protesi testurizzate da parte dell’Autorità
francese il Ministro della Salute ha richiesto di poter acquisire il parere del più alto organo scientifico del nostro
paese, ossia del Consiglio Superiore di Sanità, al fine di tutelare la salute dei cittadini. Il Consiglio Superiore di
Sanità, a seguito di approfondita istruttoria, sulla base della letteratura scientifica pertinente, e della
documentazione tecnico – scientifica disponibile, ha predisposto una – relazione in merito all’argomento, disponibile
sul portale del Ministero della salute al seguente link: http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?
lingua=italiano&id=4419&area=dispositivimedici&menu=vigilanza e ha dichiarato che non si ravvedono motivazioni
sufficienti per raccomandare il ritiro dalla disponibilità commerciale delle protesi testurizzate. Tuttavia, il Consiglio
Superiore di Sanità ha raccomandato a tutti i soggetti portatori di protesi mammarie (testurizzate o lisce)
impiantate a fini estetici di sottoporsi a regolari controlli clinici (almeno una volta l’anno) indicati dal proprio
chirurgo e prescritti con cadenza modulabile in base alla valutazione clinica del singolo soggetto. Inoltre ha
raccomandato l’immediata esecuzione di un’ecografia e di un esame citologico del liquido di aspirazione in caso di
sospetto clinico di sieroma tardivo (almeno 1 anno dopo l’intervento chirurgico). Non ha fornito l’indicazione alla
rimozione della protesi liscia o testurizzata in assenza di sospetto clinico di BIA-ALCL. Le pazienti portatrici di
protesi mammarie a seguito di mastectomia per carcinoma mammario non necessitano di ulteriori esami oltre
quelli richiesti dalle regolari visite di controllo oncologiche (che già prevedono ecografia mammaria e mammografia
o RMN mammaria) e prescritti sulla base del rischio associato allo stadio di avanzamento e alle caratteristiche
biologiche della neoplasia. Non si pone indicazione alla rimozione della protesi liscia o testurizzata in assenza di
sospetto clinico di BIA-ALCL.
• Malattia del seno: le attuali informazioni mediche non dimostrano un aumento del rischio di carcinoma mammario
nelle donne sottoposte a intervento chirurgico di inserimento di protesi mammarie a fini sia estetici che ricostruttivi.
Le persone con una storia personale o una storia familiare di carcinoma mammario possono avere un rischio più
elevato di sviluppare il carcinoma mammario rispetto a una donna senza storia familiare di questa malattia. Si
raccomanda a tutte le donne di eseguire periodicamente un autoesame del seno, di sottoporsi ad una
mammografia/ecografia secondo le linee guida delle Società scientifiche di oncologia e di rivolgersi ad un centro di
senologia nel caso venga rilevato un nodulo al seno. Nel caso in cui vengano identificati tessuti sospetti prima
dell’intervento di mastopessi con protesi è bene effettuare un approfondimento diagnostico rimandando
l’intervento.
• Interferenza con le procedure di mappatura dei linfonodi sentinella: gli interventi chirurgici che prevedono un
interruzione del parenchima mammario (la mastopessi con protesi) possono potenzialmente interferire con le
procedure diagnostiche di ricerca del linfonodo sentinella effettuate in caso di comparsa di carcinoma mammario.
• Gravidanza futura e allattamento al seno: non è noto che questo intervento interferisca con la gravidanza. Se sta
pianificando una gravidanza, è bene sapere che il risultato dell’intervento di mastopessi con protesi può modificarsi
in seguito ad una gravidanza. Teoricamente ci potrebbe essere un’alterazione della capacità di allattare dopo
l’intervento di mastopessi con protesi.
Discesa del parenchima mammario: in caso di posizionamento sottomuscolare delle protesi mammarie, si può
verificare, nel corso del tempo, uno scivolamento della ghiandola sulla protesi, che invece rimane fissa nella sua
posizione. Il risultato è un doppio profilo della mammella. Per correggere tale deformità si rende necessario un
intervento secondario.
Tra le motivazioni che possono portare alla richiesta di una mastopessi con protesi vi sono:
- Iposviluppo della ghiandola mammaria
- Dopo forte calo ponderale (importanti perdite di peso)
- Dopo gravidanza/e – allattamento
- Invecchiamento fisiologico (forza di gravità).
Approfondimento
Scarica qui l’approfondimento del dott. Fabrizio De Biasio.
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